Anticamente, si utilizzavano lenze a mano, canne fisse piantate nelle paludi o lungo i canali e rudimentali palamiti (parangali) che innescati con corbole, vermi o moeche, garantivano abbondanti carnieri ai professionisti (mestieranti) il che riuscivano facilmente a catturare anguille (bisatti), passere pianuzze (passarini), branzini (baicoi) e qualche orata di grossa taglia.
La pesca con le lenze è aumentata notevolmente dopo gli anni settanta, con l' introduzione delle canne munite di mulinello ed i fili di nylon, mentre le lenze a mano sono quasi scomparse ad eccezione delle togne da branzini che vengono tuttora utilizzate da qualche "specialista".
Dall'alba al tramonto, da riva e dalla barca, durante la bella stagione fino alle porte dell'inverno, la schiera di pescatori con la canna insidia le prede che la laguna offre, si va dai gò (sempre meno abbondanti) alle spigole che rappresentano la preda di maggior spicco per i più.
Le più usuali tecniche risultano la pesca al tocco per gò e altri pesci stanziali, la passata a galleggio con il gambero vivo per le spigole, e la pesca a fondo per orate, mormore, spigole ed ombrine.
Recentemente, si ottengono buoni risultati anche con la pesca a traina che regala, a fine estate, l'opportunità di catturare le grosse lecce amia.
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