Filosofia di questo Blog

Questo blog, umilmente, cerca di descrivere la magia e l'incanto che provoca agli appassionati la pesca nella Laguna di Venezia.
Le tecniche di una volta, quelle moderne, i pesci, i molluschi, l'ambiente e la gente.
L'alba ed il tramonto, i venti e le maree, verranno trattati e visti da chi, come un bambino, rimane affascinato dai momenti passati tra i canali i ghebi e le barene, momenti che si portano nel cuore e si condividono a tavola con gli amici.
Purtroppo, le mutate condizioni morfologiche della laguna, l'inquinamento e la pesca eccessiva, stanno mettendo a dura prova il delicato equilibrio di questo luogo spettacolare, ma noi appassionati, non molliamo e speriamo in una ripresa.
In quest'angolo di web, attraverso i post ed i commenti, cercheremo di confrontarci sulle tecniche di pesca, sulle stagioni, sulla presenza o meno di pesce, sulle normative e iniziative che regolamentano la materia trattata.

lunedì 12 dicembre 2011

L'ARRIVO DELLA BRUTTA STAGIONE...


Agosto, le nuvole bianche che dai monti guardano il mare, si sono fatte coraggio, scendono giù pianura; l'aria fresca alla sera entra già nelle case a Treporti.

Gli ultimi turisti, malinconici, scrutano l'orizzonte dal mare, guardano il sole ancora caldo, per loro finisce qui la dolce stagione e già pensano alla prossima estate, verranno di nuovo , di nuovo su questa laguna, su questo mare, con questo sole, su questa spiaggia, con questo cielo, con questo profumo di salso e di fiori.

Ancora un poco, ancora un poco, si può ancora aspettare, colmi di gente, i vaporetti, li portano a Venezia tra il brusio delle calli, all'improvviso, sbucare nella vastità della piazza elegante, abbagliati dallo splendore di smeraldo del bacino di San Marco; poi a Burano tra mille colori di case dipinte riflesse nei rii, a Murano tra le preziose vetrine di vetri soffiati, a Torcello nel verde prato sotto all'antico campanile.

Intanto tra barene e canali, silenziosi e nascosti, spinti dall'istinto ancestrale, i pesci colgono negli umori dell'acqua l'antico segnale segreto: comincia la “fraima”. Con la prima bora di settembre, veloci, le grosse vecchie orate si affollano verso il porto e vanno via nel mare aperto, giù nel profondo; le più giovani non sono ancora pronte e indugiano per nutrirsi frenetiche, il più possibile ancora.

Ondeggiando sul fondo, le seppie novelle, ignare dell'agguato mortale, si avvicinano alla riva per cacciare tra la posidonia; saranno facile preda per i grossi e voraci branzini che, ferocemente, dai porti e dai canali tendono le loro micidiali insidie.

I nostri vecchi conoscono, sanno i ritmi antichi dell'acqua e del pesce, ricordanon ancora l'abbondanza di una volta, ricordano le fresche serate in barca, nel silenzio solitario, ricordano le notti passate a pescare per portare a casa qualcosa da mangiare; con gli occhi lustri e fieri raccontano della loro vita in laguna, e rivivono quegli anni felici, di duro lavoro, di miseria e di orgoglio.

Ma presto tramontano le tiepide sere di settembre, arriva l'autunno, presto arriva la nebbia, presto finisce la luce, le giornate si accorciano. Di questa stagione l'acqua diventa limpida e fredda, nelle paludi poco profonde, arrivano le passere: dall'alveo dei fiumi e dal fondo dei canali vengono qui a cercare le loro prede, appostate, sulla soglia delle tane, insidiano ignare "corbole " e tenere "moeche".

Armato di fiocina e di nostalgia, nelle fredde serate di bonaccia, con gesti antichi, ancora qualche "faggiaroto" spande di vivida luce il fondale; da anni ormai le prede scarseggiano, non basta più la consumata esperienza; solo, ogni tanto, improvvisa qualche passera ancora, qualche anguilla, poi niente è un deserto grigio sotto all'acqua nera che profuma di alghe, ma la passione è forte e si esce lo stesso, con il cuore in gola, sperando.

Nella notte umida, spenti lontano i rumori e le luci delle case, tra paludi e barene, solo il frusciare dell'acqua contro la barca che scivola via veloce, rompe il silenzio incantato. Ed ecco che i pesci gettati in barca sbattono e si contorcono tra i paioli, con gli ultimi guizzi d'argento agonizzano e muoiono.

Appena un velo di gioia triste negli occhi del pescatore, ma grande rispetto per questo pesce , un sentire profondo, che viene dal suo animo antico: pescare è anche sentirsi parte di questo mondo, portarlo dentro di sé per non perderlo mai: si pesca e si mangia il pescato, si regala a qualche amico, nulla viene scartato. Niente.

Arriva il freddo e la brutta stagione, l'acqua sotto alle nuvole marcisce livida e grigia, oppure spumeggia nelle piccole onde, rabbiosa, nel vento di bora o di tramontana; qualche volta il sole la infiamma di mille riflessi d'argento.
I cacciatori lo sanno, sanno che il vento porterà gli uccelli sotto al tiro spietato dei loro fucili; nelle fredde giornate di mal tempo, opache, appostati nelle umide botti, aspettano, e aspettano.

Fa buio presto, in paese, nel tepore dei bar illuminati e nelle case si parla di caccia, si parla di pesca, a tavola con gli amici si imbandiscono le splendide prede, si scelgono i vini, poi formaggio, castagne arroste e grappa con il "Santonico", si chiacchiera e si scherza, si tira fino a tardi.

Anche novembre è arrivato, il freddo accompagna la speranza dei cacciatori, ormai a pesca non esce più quasi nessuno; le canne dei più caparbi, innescate con lo "spiantano", regalano gli ultimi grossi branzini; i "mestieranti" con le "seragie"ci danno dentro con il pesce che si porta verso il mare per passare l'inverno nelle acque profonde, dove c'è meno freddo.

Al mercato arrivano gamberi, mazzancolle, schie, anguelle, passere, go, bisati; trovi deliziose canoce da cucinare al vapore, zottoli per fare il sugo ambrato, che sa di nero dolce e salato di mare, per condire la pasta di linguine. Qualcuno, intanto, pensa già alla Vigilia di Natale e compra qualcosa da mettere via per l'occasione.

A dicembre, la laguna è vuota: svuotata dei propri colori, del verde delle sponde e dell'azzurro del cielo, rabbrividisce nel silenzio ovattato dell'alba senza rugiada. Non mancheranno per noi le fredde giornate di sole, sopra all'acqua immobile, a mezzogiorno in barca, senti ancora il tepore del sole giunto al culmine della sua bassa parabola.

I rumori sono come attutiti, nell'aria tersa e frizzante all'orizzonte appare,quasi irreale, la cresta innevata delle montagne; qualche cormorano si asciuga le ali nere sopra una bricola; con una capriola improvvisa, uno svasso si immerge in cerca di cibo. Da lontano, un lungo lugubre urlo ti coglie improvviso e ti agghiaccia le vene; tra le case si alza il fumo misto al vapore del bidone pieno d'acqua che bolle, hanno ammazzato il maiale.

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